Come restare incollati di fronte allo schermo per oltre 90 minuti (94 per l'esattezza) a guardare un uomo in una cassa da morto, sotterrato e vicino alla morte per soffocamento? E' questa la prima domanda che mi viene in mente, mentre mi accingo a guardare questo piccolo capolavoro del 2010, diretto da Rodrigo Cortès e ottimamente interpretato da Ryan Reynolds.
Intanto sopravvivendo al senso di claustrofobia (di cui io pur lievemente... soffro), poi lasciandosi trascinare nella trama che vede spostare l'attenzione dal dentro al fuori, dal terrore alla speranza e poi di nuovo al terrore...
Bravo Ryan, nel non guardare il pubblico ma il cellulare che suona e cerca di riportarlo nel mondo dei vivi... e come è ben noto, il mondo dei vivi ha le sue fottute regole: quelle dei rapitori intanto, che lo vogliono prostrato e connivente per spillare soldi al nemico USA... poi quello del suo Governo... che vive la vicenda come un grande pasticcio da cui starebbe volentieri alla larga... poi il suo datore di lavoro, che prima lo fa attendere e poi lo scarica bellamente e senza pietà... ed in fine la sua famiglia. La madre rimbambita che non lo riconosce, la moglie che non c'è mai... l'amica/parente che lo tratta male... Insomma! la domanda per il povero Paul Conroy (cioè Ryan) è presto formulata: "ma non è forse meglio che io muoia qua sotto senza perdere tempo e sprecare speranza, se lì fuori mi hanno di fatto già seppellito e dimenticato?"
Lascio a voi ogni commento e non rivelo il finale.
Al netto delle preferenze, che ognuno di voi potrà dedicare a questo genere di film, restano due evidenze: fare un film con un solo attore è un atto coraggioso. Farlo chiudendolo in una cassa di 2 metri quadrati è ancora più coraggioso. Quindi onore al merito. Bravissimo il regista, bravi tutti nel far apparire piccolo ciò che piccolo non è... bravo l'attore a non scappare dalla cassa alla prima svista! Io l'avrei fatto :)
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