"Guerra in Iraq e attentati in tutto il mondo: il panorama internazionale non potrebbe essere più fosco.
Dopo l'11 settembre, le divisioni politiche hanno impedito una visione strategica comune mentre il sanguinoso "dopoguerra" iracheno rappresenta un ulteriore dramma per gli Stati e le coscienze.
Questo volume delinea alcuni possibili scenari per uscire dal caos e ripristinare un ordine internazionale fondato sulla cooperazione multilaterale.
Dopo aver chiarito alcuni presupposti della stabilità internazionale e aver descritto i vari tipo di ordine succedutisi nella storia, l'autore discute l'attuale condizione del sistema internazionale e le prospettive di stabilizzazione, la nuova politica americana e le sue conseguenze, le mutazioni del terrorismo internazionale e le strategie di risposta, il ruolo dell'ONU e dell'Europa, la scelta tra democratizzazione forzata e consolidamento delle istituzioni internazionali.
La ricostruzione di un ampio consenso, sia all'interno del campo democratico sia all'esterno, è necessaria per rafforzare un ordine mondiale stabile e per consolidare la transizione in quei paesi che catalizzano l'instabilità". (tratto dal libro).
Piccolo ma condensato testo utile per rendersi conto del funzionamento degli Stati, del Mondo, ed infine dei rapporti che hanno regolato, regolano e in futuro condizioneranno la nostra vita.
Se uno Stato è il confine territoriale di simili, con uguale lingua, aspettative, tradizioni e idee, diverso è definire cosa rende positivo o negativo, negoziabile o no il rapporto tra due Stati.
Cosa ancora diversa, con il venire meno delle distanze, con il cessare della contrapposizione dei due blocchi (Unione Sovietica - USA) e del crollo del Comunismo, cosa diventerà e come sta mutando il Mondo.
L'ordine internazionale è costituito dall'esistenza di alcune regole generali riconosciute e condivise e NON coincide necessariamente con la pace o la giustizia.
Un ordine internazionale potrebbe essere basato su ineguaglianza e ingiustizia e non per questo non funzionare nelle sue primarie necessità.
Ciò nonostante, senza ordine e senza prevedibilità nel comportamento degli attori non è possibile garantire né pace né uguaglianza né giustizia.
La pace nelle relazioni internazionali è un obbiettivo che può anche richiedere l'uso della violenza così come all'interno degli Stati la convivenza pacifica è garantita dalla Polizia.
All'uso della guerra, come ritorsione ai comportamenti scorretti, il Mondo attuale preferisce far ricorso alla reputazione: chi tradisce oggi sa che verrà tradito domani, e che il suo "status" verrà valutato negativamente da tutti gli altri che, in un Mondo sempre più piccolo e legato economicamente, vuol dire mettere a repentaglio la cooperazione, il commercio, gli affari e infine le alleanze di domani.
Si hanno così Stati Falliti (si pensi alla Libia di oggi) o Stati Canaglia (Iraq, Siria, Iran, con diverse sfumature).
Il ricorso alla guerra è divenuto sproporzionato agli interessi e si preferisce più subdolamente ricorrere alle guerre civili (simulate come nel caso dell'Ucraina) o al fallimento economico.
Infine un passaggio rivelatore "Una democrazia è pacifica. Non le piace andare in guerra. E' lenta a reagire alle provocazioni. Quando però è stata provocata fino al punto di dover impugnare la spada, non perdona facilmente l'avversario per aver creato una tale situazione. La provocazione diventa la posta stessa dello scontro. La democrazia combatte con rabbia - combatte per la sola ragione che è stata costretta a combattere. Combatte per punire chi è stato così imprudente e perverso da provocarla - per insegnargli una lezione che non dimenticherà , per impedire quindi che la cosa si ripeta. Una tale guerra deve essere combattuta fino alla sua amara conclusione".
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