Nel giugno del 1940 iniziai una serie di fumetti destinata a un inserto per i quotidiani: il titolo era THE SPIRIT, il protagonista un giustiziere mascherato.
Tra i personaggi, nel ruolo di spalla umoristica, c'era Ebony, un giovane afroamericano.
Niente di innovativo: si trattava di stereotipi caricaturali all'epoca normalmente accettati: in quel periodo della storia culturale degli Stati Uniti, l'uso scorretto della lingua inglese su base etnica costituiva una forma in voga di umorismo.
Ebony parlava come un Negro, il suo umorismo delicato e pieno di calore controbilanciava l'efferatezza delle trame criminali.
Un giorno ricevetti una lettera da un vecchio compagno di classe del liceo che divenuto attivista dei diritti civili mi rimproverava per aver abbandonato le comuni posizioni liberal di un tempo.
Lo stesso giorno mi arrivò anche una lettera del direttore di un quotidiano afroamericano di Baltimora, che mi lodava per "l'eccellente rappresentazione" di Ebony nelle mie strisce.
Quelle lettere mi aprirono gli occhi sul fatto che, pur scrivendo e disegnando storie pensate per l'intrattenimento, attraverso l'immagine stereotipata che avevo creato alimentavo un pregiudizio razziale.
Se da un lato non ho mai provato nessun senso di colpa per aver creato Ebony, dall'altro, nel corso degli anni, tenendo corsi di fumetto, mi resi consapevole del problema perché le mie lezioni non potevano non affrontare il problema egli stereotipi.
E' con questi precedenti e con questa consapevolezza dell'influenza delle immagini sulla cultura ebraica e del pregiudizio con cui ancora gli ebrei si ritrovano a fare i conti.
Decisi così di dedicarmi al ritratto più fedele di Fagin l'ebreo raccontando la sua vita nell'unico modo in cui sarei stato capace. (tratto dalla prefazione al libro).
Uno si da ai fumetti, apparentemente innocui (ma mica è vero) e poi che accade?
Qualcuno gli fa notare che la rappresentazione dei "tipi", dei "caratteri" è offensiva.
Vedi ad esempio il ruolo di Fagin l'ebreo, figura principale nel romanzo per ragazzi "Oliver Twist".
E allora che fare? Fingere? Will Eisner sfrutta l'occasione e trasforma un avvenimento negativo in un bellissimo racconto. Fagin ne esce, se non assolto, almeno giustificato.
La vita, per un immigrato in uno stato straniero (l'Inghilterra ottocentesca) è dura, tanto da diventare atroce e trasformarti in qualcosa di diverso rispetto a quello che tu sei o che vorresti essere.
Un appassionato percorso di vita, uno spaccato della vita dei bassifondi londinesi e un uomo che nonostante l'avversità della vita non si da pace e riesce per un breve istante a redimersi.
Disegnato magistralmente coglie nel profondo dell'animo umano. Eisner fantastico.
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