giovedì 30 maggio 2013

Borgata Gordiani - Aldo Colonna

Cosa si può dire oggi di questo racconto di Aldo Colonna?
Me lo fece leggere negli anni Settanta e, da allora, molta acqua è passata sotto i ponti.
Ricordo che allora, alla prima lettura, incoraggiai quel giovane e gli espressi un certo apprezzamento per la forza e la vivezza dell'ambiente da lui descritto, un ambiente a me del tutto sconosciuto e che lui sembrava invece aver frequentato da vicino.
Mi parve anche che la forza e la vivezza di cui parlavo venissero fuori più che altro dal linguaggio brutale e tracotante di quei ragazzi.
Era l'epoca in cui i "ragazzi di vita" facevano ancora colpo, Pasolini li aveva mostrati nei suoi film e nei suoi libri, ed erano loro, quei ragazzi che con la loro feroce naturalità facevano irruzione in una letteratura dove i personaggi provenivano quasi sempre da un mondo borghese più educato e anche più convenzionale, un mondo che Pasolini voleva sovvertire.
Niente più buone maniere e buoni sentimenti, ma istinti e vita violenta.
Sono questi gli stessi personaggi che nel giro di pochi anni subirono, secondo Pasolini, quella "mutazione antropologica" portata dal comunismo e dalla modernità, che li aveva trasformati in automi mostruosi, tutti uguali, e privi ormai di quel carattere distintivo che li aveva resi allegri e anche simpatici.
Qui, in questo racconto di Aldo Colonna, essi non sono ancora mutati, vivono ancora nel tempo eroico della borgata, così come li aveva rappresentati il primo Pasolini.
Nessun borghese sapeva in concreto come vivevano i ragazzi delle borgate e nei loro confronti l'atteggiamento era razzista come zingari o peggio.
Come considerare oggi questo racconto?
Un reperto archeologico, una cartolina ingiallita che suscita ricordi ed emozioni di tempi, luoghi e personaggi scomparsi? (tratto dal libro).
 
 
Ripercorre alcuni tratti di strada con Pier Paolo Pasolini. Ed al contempo abbiamo modo di conoscere i ragazzi che popolano i suoi libri. "Ci guardammo in faccia fracichi di sudore. Un momento e poi ci dileguammo nella notte come d'estate i bacarozzi che fuggono a raggiera, lesti e imprendibili verso le loro tane appena s'appresta il passo dell'uomo". 
I ragazzi di vita si raccontano, sulle tracce di un mondo scomparso, con i suoi riti, il suo disperato bisogno di riscatto, la terribile distanza tra i desideri e il destino già tracciato.
La conclusione, dopo aver conosciuto un'altra Roma, viene così riassunta "Adesso che il mondo l'avevo girato e ne avevo vista di gente disperarsi, capivo che forse la pergola era il mondo e discostarsene per cercare altre distanze era stato uno sbaglio".

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