Siamo nell’aprile del 1939, vigilia di guerra. La carriera di Bora nel controspionaggio è appena iniziata. È ancora entusiasta del lavoro e fiducioso. Il compito è quello di accompagnare una trilaterale tedesco-nipponico-italiana, una conferenza di affari e di scambio di tecnologie militari. Ma è una copertura. La missione reale è di indagare attorno al «Signore delle cento ossa», una spia che secondo una prima ipotesi si identifica nella persona di Ishiro Kobe, rigido generale giapponese. Una mattina, andando a prelevare Kobe per una cavalcata, scopre la scena raccapricciante del primo omicidio: il generale è steso nel suo letto, segnato dai colpi di uno scudiscio; la pistolettata ha lasciato un arabesco rosso sulla parete. Nel bagno accanto, annegato nel sangue, l’aiutante Nogi. Uno scenario di inconfondibile natura. Sembra un delitto di onore, o di passione. Ma Bora si orienta diversamente: un terzo è penetrato nella stanza, l’assassino. Lo intuisce dalla collocazione dell’arma, lo stato dei corpi, una strana fila di formiche. Ma quale il movente? Tra mistificazioni, altri delitti, tradimenti, Martin Bora si inoltra negli ambienti lividi dove la guerra incombente favorisce intrighi come pozioni venefiche. E dove perderà la sua fiducia. (tratto dal libro).
Per districarmi nella vicenda ho fatto un piccolo prospetto dei personaggi e dei loro ruoli. Se non volete spoiler non guardatelo. A Martin Bora viene assegnato un caso di spionaggio durante una conferenza culturale con una delegazione giapponese a Lipsia. Verrà a galla la vicenda del battaglione 843 e delle terribili efferatezze svolte dai giapponesi durante l'invasione della Manciuria.
Molto ben scritto, avvincente, non ancora un romanzo di guerra. Quasi più un Marlowe… Si gode della vicenda e il finale è spiazzante. Bello.
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