Leggere la biografia di Luigi Oreiller è percorrere la cronaca degli ultimi ottant'anni delle nostre montagne. La povertà, la miseria, la fame, i lavori obbligati dagli eventi meteo, l'arrangiarsi con quel che c'é.. il predare la fauna selvatica per sopravvivere… e dall'altro lato, una profonda conoscenza della montagna, delle sue rigide regole, dei pericoli e dei piccoli vantaggi che può donare…
Ad un certo punto, tutto cambia. Arriva il benessere, che allontana molta gente, arrivano le strade, che portano turismo ma anche inquinamento, difficoltà a capirsi e disagio nel confronto con il cittadino… Come resistere a tutto ciò? Oggi la chiamano "resilienza".. semplicemente restare sé stessi, con il proprio patrimonio di piccole conoscenze, rispettando i tempi della natura e sapendo ascoltare i silenziosi segnali che questa ci invia… un patrimonio culturale destinato a scomparire ma che forse, a fatica, può ancora essere salvaguardato… messo a servizio di quanti abbiano la voglia e la passione di ascoltare.
"La vecchiaia è sottrazione: si perdono chili, centimetri di statura, se ne vanno la vista e le persone".
"Nella sua valle, sa il carattere di ogni canalone, di ogni balza di roccia.
Riconosce le volpi, i camosci, le vipere, i gipeti.
Può chiamare per nome ogni valanga.
La montagna per Luigi Oreiller non è una sfida né una prestazione.
E' la sua casa di terra e di cielo, un orizzonte a cui appartenere.
Luigi nasce nella povertà e cresce con la guerra.
Valdostano ma "anche" italiano, trascorre i suoi 84 anni a Rhemes - Notre Dame, venti comignoli rubati alla slavina al fondo di una valle stretta dal fascino selvatico, su un versante del Parco Nazionale del Gran Paradiso sull'altra riserva di caccia.
Da ragazzo, armato alla fame. é cacciatore, contrabbandiere, manovale.
Quando diventa guardaparco, cambia sguardo.
Dietro le lenti del cannocchiale, nelle lunghe solitarie giornate di appostamento ai bracconieri, diventa il signore delle cenge, segue il volo delle aquile e sperimenta qualcosa di molto simile all'amore.
Stagione dopo stagione, trasforma gli alberi in sculture, scova tassi e marmotte, parla con i cani, le mucche e le galline.
A volte anche con gli uomini.
Quello di Oreiller è un mondo ormai perduto, travolto da una modernità sena pazienza, da un fiume di gente che torna ma non resta.
Eppure, nei suoi occhi, nelle sue mani nodose e forti, tutto ha ancora memoria e lui ha memoria di tutto.
Le sue parole, consegnate a chi, come Irene Borgna , le sa ascoltare, conducono lontano, fuori traccia, tra valichi nascosti.
E segnano il tempo, come gli anelli di un tronco, come i cerchi sulle corna di un vecchio stambecco".
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