L'approccio alla città può essere definito in due grossi fronti: quello che non vede l'esistente ed anzi lo sente come un fastidio, un impedimento al nuovo, ed uno che fa dell'esistente un elemento imprescindibile da cui partire per progettare (ricucire direbbe qualcuno più addentro di me).
Personalmente ritengo che non possa esserci approccio urbanistico ed architettonico se non si riesce a cogliere il "Genius loci" ovvero quel mix tra detto e non detto, tra costruito e non costruito, tra realizzato ed immaginato, voluto e sperato… Per questo Gregotti mi piace, coglie nelle esperienze già fatte idee nuove senza trascurare il dialogo con l'esistente in un quadro di modifica e miglioria della città stessa… non dimenticando che il luogo è fatto dalle persone che vi abitano.
"In questi ultimi quarant'anni la più rilevante trasformazione proveniente dalla "critica positiv" alla tradizione della modernità in architettura è costituita dal riconoscimento dell'importanza del contesto, come storia e come geografia, e dai significati specifici del sito.
Il progetto moderno prende così coscienza della propria natura di dialogo con l'esistente e di modificazione della sua condizione.
I problemi provenienti dal disegno della città e le trasformazioni che inducono nel linguaggio della architettura ordinato da questo punto di vista sono al centro del libro.
Questi problemi muovono da casi ed esperienze concrete dalle quali si cerca di sviluppare una serie di riflessioni generali in funzione di un nuovo comportamento progettuale.
E' possibile costruire la nuova città a partire da essa e dalla sua storia?
Una risposta è rappresentata qui dal viaggio dentro la città immaginaria - che occupa il terzo capitolo di questo saggio - costruito come sequenza delle nostre esperienza progettuali di questi anni.
Sono esse che rendono la città visibile alle nostre coscienze".
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