giovedì 15 agosto 2013

Butcher's Crossing - il libro

"Bastava un solo sguardo o quasi, per contemplare tutta Butcher's Crossing.
Un gruppo di sei baracche di legno era tagliato in due da una stradina sterrata e poco oltre, su entrambi i lati, c'erano alcune tende sparse.
Ecco lo sperduto villaggio del Kansas dove, in una torrida giornata del 1873, giunge Will Andrews, ventenne bostoniano affamato di terre selvagge.
L'America sta cambiando, la ferrovia in breve scalzerà la tensione verso l'ignoto che aveva permeato il continente, lasciando solo il mito della frontiera.
Eppure, il giorno in cui Will sente sotto i piedi la sua terra promessa, esiste ancora la caccia al bisonte, un esperienza portentosa, cruenta e fondante, archetipo della cultura americana.
E' questo che il ragazzo vuole: dimenticare le strade trafficate ed eleganti di Boston e rinascere in una terra che lo accolga come parte integrante della natura.
Ma in questi luoghi lontani dalla costa orientale e dalla metropoli gli uomini sono legnosi, stremati dalla attesa di un riscatto mai ottenuto e negli occhi custodiscono tutta l'esperienza del mondo.
La caccia, l'atroce massacro di cui Will si rende complice, è un momento in cui si addensano simbologie, dove il rapporto tra l'essere umano e la natura diventa grandiosa rappresentazione, ma soprattutto é un viaggio drammaticamente diverso da ciò che il ragazzo si aspettava, da quel che immaginava di scoprire su sé stesso e sul suo paese.
Rito iniziatico, memoriale della fine di un'epoca Butcher's Crossing è una riflessione sul rapporto tra l'essere umano e la natura, il racconto di una rivoluzione personale e collettiva". (tratto dal libro).
 

Chi non ricorda John Dumbar, il tenente di "Balla coi lupi" ?
A chi gli chiede perché vuole andare ad Est, dove non c'è nulla, lui risponde "voglio vedere la frontiera, prima che scompaia".
Lo stesso anelito muove Will Anders, il protagonista di questo libro, cercare la natura, la vera essenza.

"Era una forma di libertà e bellezza di speranza e vigore che gli sembrava alla base di tutte le cose più intime della sua vita, che pure non erano né libere, né belle, né piene di speranza o vigore. Ciò che cercava era l'origine e la salvezza del suo mondo che sembrava sempre ritrarsi spaventato dalle sue stesse origini, piuttosto che ricercarle come la prateria li intorno, che affondava la sue radici fibrose nella nera e fertile umidità della terra, nella natura selvaggia, rinnovandosi proprio in questo modo, anno dopo anno".

Mentre Kevin Costner fa di Dumbar un paladino dell'ecologia (e dell'etnografia, e dei più deboli), John Williams non osa tanto. Si limita a fare di Anders lo spettatore incredulo e per certi versi incapace di cogliere l'intrusione dell'uomo bianco e delle sue logiche mercantili nel ciclo infinito della natura.

Ed insieme a lui percorriamo la china della distruzione della cultura del bisonte, della fine di un era, della disperazione che gli ultimi, i poveri, i cacciatori, devono subire, delle privazioni per racimolare qualcosa. Il tentativo di riscatto di cui far fare le spese all'ambiente. Ma senza odio, senza rabbia. Solo perché va fatto e perché alternative non ce ne sono.

Ogni personaggio del libro ha una sua anima, ha i suoi fantasmi. Ed ognuno gioca fino alla fine la propria partita.

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