mercoledì 5 novembre 2008

Corsa all'oro sul Monte Rosa

Una corsa all'oro che anticipa di più di un secolo quelle più note del Klondike e dell'Alaska. Per trovare l'oro a metà Settecento non c'era bisogno di imbarcarsi per le Americhe o di sfidare le incognite delle zone bianche, inesplorate dell'Africa.
La corsa all'oro che riaffiora ora inequivocabilmente dagli archivi interessa le valli alpine a sud del massiccio del Monte Rosa, nel cuore della vecchia Europa.
Anche qui la cartografia presenta fino alla fine del Settecento notevoli macchie bianche per la tardiva esplorazione dei ghiacciai e dell'alta montagna.
In realtà non mancavano carte accurate e precise ma erano segrete, tenute sotto chiave per ragioni militari dai duchi di Savoia tradizionali "portinai delle Alpi", che nel 1713 con la pace di Utrech diventano re.
La nostra corsa all'oro si manifesta negli anni tra il 1760 e il 1785 nelle miniere aurifere di Macugnaga, alla testata della Valle Anzasca nell'Ossola. Quella zona, con l'alto Novarese, che comprende tra l'altro le cave di Candoglia da cui tuttora si estrae il marmo del Duomo di Milano.
Gli antichi feudatari Borromeo anche sotto i Savoia riescono a mantenere i propri privilegi, lucrando un terzo dell'oro ottenuto con il rudimentale ma pratico sistema dell'amalgamazione con mercurio del minerale macinato nei cosiddetti "molinetti piemontesi".
L'ingegnosa tecnica venne descritta dal celebre naturalista ginevrino De Saussurre che compì il Tour del Monte Rosa nell'estate del 1789.
Lo scienziato visitò le famose miniere di Pestarena presso Macugnaga allora gestite dall'alagnese Cristoforo De Paulis, ma constatò che ormai il boom dell'oro si era sgonfiato. Saussure riferisce che nei tempi migliori le miniere della zona occupavano fino a mille operai, mentre "ora se ne contano a malapena la metà".
Si calcola che in realtà i minatori veri e propri fossero non più di 300 e gli altri, più del doppio, fossero impiegati nell'indotto, come i carbonai e le donne addette ai trasporti.
Per un villaggio di montagna che in un censimento del 1767 conta 660 anime di residenti stabili, l'apporto di nuovi abitanti é imponente.
Molti arrivano da vicine zone minerarie in crisi, Valchiusella e Valle D'Aosta, ma il grosso sono tirolesi della Kunertal nell'alta valle dell'Inn.
Uno straordinario flusso migratorio intralpino che mette a dura prova gli equilibri della comunità stabile di etnia walser, dove peraltro é tradizionale l'emigrazione stagionale degli uomini che non si adattano alle miniere di casa. Si badi che i walser di lingua alemannica, a loro volta si stanziarono nell'alta Valle Anzasca, Valsesia, valle di Gressoney d alta val d'Ayas dopo il Mille, rpvenendo dal contiguo Vallese e probabilmente addirittura dalla Danimarca.

Fonte: il Domenicale del Sole 24 Ore - Pietro Crivellaro.

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