Esiste un valore magico nei rapporti tra le misure, il segreto capace di proporre una verità anche nell'agire dell'architetto.
Alla ricerca di qualche frammento di questa verità, Adriano Olivetti richiama nel suo testo agli ideali della misura umana, della piccola scala, della riconoscibilità, della comunità: un vocabolo divenuto anomalo di fronte alla quantità scambiata per grandezza e alla mancanza di un impegno serio per un'architettura della pianificazione territoriale, ma soprattutto come coscienza del dovere morale di costruire proposte di ordine fondate sulla giustizia e su un autentico interesse collettivo.
Ed è proprio in questo dovere morale che nasce la relazione più autentica di Adriano Olivetti con l'urbanistica, un dovere che dovrebbe rappresentare per noi non solo una speranza, ma un concreto obiettivo.
Le radici dell'uomo sono nella natura e nel paesaggio.
Vale quindi la pena affrontare una apparente perdita di rendimento economico per evitare un opprimente e inesorabile distacco e per aumentare gli spazi destinati ai servizi sociali e culturali, sia nella progettazione urbanistica sia nei bilanci dello Stato e dei privati.
Gli architetti, gli ingegneri, gli amministratori, devono perciò persuadersi a essere al servizio della civiltà, che si riconosce dall'adeguatezza dei suoi spazi.
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