Questo testo ha una genesi strana. L'ho scritto tra il maggio e l'ottobre del 2006, a un ritmo per me piuttosto forsennato.
Ogni cinque, sei giorni ne pubblicavo una puntata sul giornale con cui collaboro, "La Repubblica".
Probabilmente, se avessi deciso di scrivere un normale libro di saggistica, avrei usato una lingua diversa avrei argomentato di più, avrei riflettuto di più, e, potendo tornare indietro e correggere, avrei costruito meglio l'architettura del discorso.
Ma mi andava di fare quella sorta di lavoro in diretta, sotto gli occhi dei lettori, attento più al'urgenza del pensare, che alla prudenza del pubblicare.
Adesso, questo volume raccoglie quelle trenta puntate e le custodisce nella forma più austera di un vero e proprio libro, per i lettori che non hanno voluto o potuto seguirle mentre stavano nascendo.
Ho corretto molto poco e cambiato quasi nulla: mi piaceva che il testo rimanesse quello che era in origine, con le sue debolezze, le sue incaute velocità, e la sua schietta barbarie.
In questo modo mi sembra che esso sia effettivamente ciò che volevo che fosse: la memoria di una piccola impresa irregolare. (tratto dal libro).
Della serie, mi capita tra le mani, mai letto niente di Baricco, da qualche parte occorre iniziare. Questi "Barbari" ha certo un pregio: scritto di getto, in un periodo (il 2006) che oramai appare lontanissimo da noi, ha ad argomento "il cambiamento".
Mai come oggi, il cambiamento è sentito come una sottrazione. Capace di togliere certezze, ad un utente medio... vissuto in una società ed un modello che a lui appare esistente da sempre e che gli ha donato un sacco di vantaggi... pensiamo ad esempio a cosa era l'uomo medio prima della rivoluzione industriale... cosa era prima che arrivasse la borghesia... il progresso gli ha dato tutto, tacendo sul costo.
Ed ecco che, improvvisamente, arrivano i "Barbari", coloro che faticano a vivere nella stasi legata alla borghesia, allo studio fatto sui libri, alla musica classica, al sapere faticato e sudato.. vogliono tutto e subito e senza alcuna fatica... (ricorda un pochino certi motti del '68) con il risultato di limitare alla superficie delle cose ogni esperienza. E' un bene oppure no? Baricco ad un certo punto si schiera... lasciando a noi la scelta... con lui oppure no? Leggere per credere.
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