sabato 8 febbraio 2025

Tides


Tides non è solo un film di fantascienza post-apocalittica, ma una riflessione sulla condizione umana e sul destino della civiltà. La pellicola esplora il concetto heideggeriano di "esser-gettati" (Geworfenheit): l’umanità, dopo aver distrutto la Terra, si ritrova costretta a ritornare sul pianeta abbandonato, affrontando il suo stesso fallimento. La protagonista, Blake, diventa un’eco della dialettica hegeliana: il ritorno alla Terra non è solo fisico, ma anche simbolico, poiché l’umanità deve riconciliarsi con il proprio passato per poter costruire un futuro.

Il film sfida anche il concetto nietzschiano di eterno ritorno: possiamo davvero imparare dai nostri errori o siamo destinati a ripeterli? La società elitaria che si è trasferita su Kepler è solo una riproposizione delle disuguaglianze che hanno condotto alla rovina del nostro pianeta. In questa luce, Tides ci costringe a interrogarci sul progresso e sulla moralità delle scelte umane.


Diretto da Tim Fehlbaum, è un’opera che mescola atmosfere cupe e una fotografia desaturata per rappresentare un futuro in cui l’umanità, dopo aver abbandonato la Terra, si trova costretta a farvi ritorno. Il film si inserisce nel filone della fantascienza distopica, con chiari rimandi a Children of Men e Interstellar, ma senza riuscire a raggiungere la profondità narrativa di questi capolavori.

La regia è solida e la costruzione visiva efficace: le scene sulla Terra devastata sono suggestive e la desolazione è palpabile. Tuttavia, la sceneggiatura risulta a tratti prevedibile e i personaggi non sempre sono sviluppati in modo approfondito. Il messaggio ecologico e politico è chiaro, ma non particolarmente innovativo. Per gli appassionati di fantascienza distopica, Tides offre un’esperienza visivamente appagante, ma manca quel guizzo che lo renderebbe davvero memorabile.

due passaggi chiave

  1. La scoperta della fertilità della Terra
    Questo momento segna un punto di svolta nel film: la Terra, data per morta, dimostra invece di avere ancora un potenziale di rigenerazione. È una potente metafora della resilienza e della possibilità di riscatto. Da un punto di vista filosofico, questo ribalta la visione apocalittica iniziale, suggerendo che la natura possa sopravvivere nonostante la distruzione umana.

  2. Il confronto con i sopravvissuti terrestri
    Qui emerge il vero conflitto del film: il ritorno dell’élite da Kepler non è un gesto altruista, ma un tentativo di recuperare ciò che credevano di aver perso per sempre. La tensione tra i “ritornati” e i sopravvissuti è un chiaro commento sulle disuguaglianze sociali e sulla persistenza dell’oppressione. Il film suggerisce che, senza una riflessione etica, la storia dell’umanità è destinata a ripetersi.

Recensione raccolta da spunti in rete.

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