Tides non è solo un film di fantascienza post-apocalittica, ma una riflessione sulla condizione umana e sul destino della civiltà. La pellicola esplora il concetto heideggeriano di "esser-gettati" (Geworfenheit): l’umanità, dopo aver distrutto la Terra, si ritrova costretta a ritornare sul pianeta abbandonato, affrontando il suo stesso fallimento. La protagonista, Blake, diventa un’eco della dialettica hegeliana: il ritorno alla Terra non è solo fisico, ma anche simbolico, poiché l’umanità deve riconciliarsi con il proprio passato per poter costruire un futuro.
Il film sfida anche il concetto nietzschiano di eterno ritorno: possiamo davvero imparare dai nostri errori o siamo destinati a ripeterli? La società elitaria che si è trasferita su Kepler è solo una riproposizione delle disuguaglianze che hanno condotto alla rovina del nostro pianeta. In questa luce, Tides ci costringe a interrogarci sul progresso e sulla moralità delle scelte umane.
Diretto da Tim Fehlbaum, è un’opera che mescola atmosfere cupe e una fotografia desaturata per rappresentare un futuro in cui l’umanità, dopo aver abbandonato la Terra, si trova costretta a farvi ritorno. Il film si inserisce nel filone della fantascienza distopica, con chiari rimandi a Children of Men e Interstellar, ma senza riuscire a raggiungere la profondità narrativa di questi capolavori.
La regia è solida e la costruzione visiva efficace: le scene sulla Terra devastata sono suggestive e la desolazione è palpabile. Tuttavia, la sceneggiatura risulta a tratti prevedibile e i personaggi non sempre sono sviluppati in modo approfondito. Il messaggio ecologico e politico è chiaro, ma non particolarmente innovativo. Per gli appassionati di fantascienza distopica, Tides offre un’esperienza visivamente appagante, ma manca quel guizzo che lo renderebbe davvero memorabile.
due passaggi chiave
- La scoperta della fertilità della TerraQuesto momento segna un punto di svolta nel film: la Terra, data per morta, dimostra invece di avere ancora un potenziale di rigenerazione. È una potente metafora della resilienza e della possibilità di riscatto. Da un punto di vista filosofico, questo ribalta la visione apocalittica iniziale, suggerendo che la natura possa sopravvivere nonostante la distruzione umana.
- Il confronto con i sopravvissuti terrestriQui emerge il vero conflitto del film: il ritorno dell’élite da Kepler non è un gesto altruista, ma un tentativo di recuperare ciò che credevano di aver perso per sempre. La tensione tra i “ritornati” e i sopravvissuti è un chiaro commento sulle disuguaglianze sociali e sulla persistenza dell’oppressione. Il film suggerisce che, senza una riflessione etica, la storia dell’umanità è destinata a ripetersi.
Recensione raccolta da spunti in rete.
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